Cosa pensiamo mentre scattiamo una fotografia?
Stiamo camminando da qualche parte, per le strade di una città turistica piena di monumenti, in riva al mare o su un sentiero di montagna mentre si appresta l'ora del tramonto, siamo davanti alla Tour Eiffel, oppure siamo in un parco e ci sono dei bambini che giocano sulle altalene, e all'improvviso scatta una molla dentro di noi, ci fermiamo, prendiamo la macchina fotografica o il cellulare, e scattiamo una foto.
Esiste una forza inspiegabile, come l'inerzia che muove in avanti gli oggetti dentro un'automobile durante una brusca frenata, un forza gravitazionale cosmica che ci spinge in maniera quasi automatica ad estrarre la fotocamera dalla borsa e scattare quello che abbiamo davanti.
Ci facciamo trascinare dall'entusiasmo che genera in noi la vista di un soggetto "interessante"!
Vogliamo immortalare quella bellissima visione che abbiamo davanti, perché è bella intrinsecamente, e perché vorremmo in futuro condividere quella bella immagine con le persone che conosciamo, amici e parenti, condividere con loro le sensazioni che abbiamo provato in quel momento.
Poi però, nel momento in cui condividiamo quelle immagini con le persone a noi care, in maniera istantanea mediante i potenti mezzi che internet e i social network ci mettono a disposizione, o anche nel modo più tradizionale tipo foto delle vacanze stampate e raccolte in un album, non riscuotiamo i consensi che ci aspettavamo. Le persone che vedono le nostre foto non provano le stesse sensazioni che avevamo provato noi al momento dello scatto. Per di più, cosa ancora più inspiegabile, noi stessi riguardando quelle immagini non riproviamo più le stesse emozioni.
Perché?
Cosa è successo?
Non è forse la stessa immagine che abbiamo visto dal vivo?
Risposta: ovviamente NO!
Non ho intenzione di impelagarmi alla ricerca di spiegazioni del perché le foto delle vacanze, dei monumenti, dei tramonti e dei bambini che giocano, hanno il perverso potere di perdere il loro potere (emozionale) nel passaggio dall'istante dello scatto a quello della visione posticipata - nei confronti di altri o di noi stessi. Spiegazioni a questo fenomeno paranormale sono già state abbondantemente dispensate in manuali e libri di fotografia, o anche in svariati forum facilmente rintracciabili su internet. Chi vuole approfondire l'argomento, non ha che da fare qualche ricerca.
Invece voglio ritornare a quella forza d'inerzia che ci ha spinto a sfoderare la macchina fotografica davanti ad un tramonto e a fare "shot" sull'immagine.
In quell'istante, abbiamo davvero pensato a qualcosa, o ci siamo semplicemente abbandonati alla spinta gravitazionale di un oggetto lasciato cadere dalla torre di Pisa? Abbiamo visto qualcosa di interessante mentre camminavamo, abbiamo frenato bruscamente, e la fotocamera ha fatto un balzo improvviso, volando quasi istantaneamente dal sedile posteriore sul parabrezza davanti.
Noi l'abbiamo raccolta e abbiamo scattato.
Fine.
Niente pensieri, solo la sensazione di essere davanti a qualcosa di interessante (qualche volta di unico, ma raramente!), magari una sensazione di stupore, e poi la reazione incondizionata di frenare e scattare.
Con questo non voglio dire che quando scattiamo una foto non pensiamo a niente: qualcuno potrebbe anche offendersi o sentirsi insultato.
Voglio solo dire che dobbiamo senz'altro agire guidati dall'istinto e dall'entusiasmo, ma dovremmo anche pensare un po' di più prima di premere il pulsante dell'otturatore.
Si ma, cosa pensare?
Non lo so, e se lo sapessi non ve lo direi!
O meglio, lo so ma non ve lo dico.
O piuttosto sarebbe meglio dire che forse credo di saperlo.
Di sicuro so che ciascuno dovrebbe fare i propri pensieri, e il primo di questi potrebbe essere: "scatto una foto d'istinto, poi mi fermo un attimo, guardo la scena che ho davanti, la osservo con più attenzione e vedo se posso scattarne di altre".
Vi auguro di formulare dei pensieri belli e positivi (magari anche artistici!), lo auguro anche a me stesso.
Solo vi avverto di una cosa: bisogna allenarsi a pensare in maniera molto rapida, perché a meno che non siate dei geni o dei professionisti della fotografia, oppure non vi troviate a girovagare totalmente da soli in compagnia unicamente della vostra fotocamera, il più delle volte c'è sempre un fidanzato/fidanzata, moglie/marito, amico/amica/amici, genitori e parenti vari e assortiti, figli vostri o dei vostri amici, insomma c'è sempre qualcuno che reclama ad alta voce che vi diate una mossa e che bisogna andare.
Perché il più delle volte le persone con cui vi trovate ad andare in giro, è già tanto se percepiscono la vostra stessa folgorazione davanti ad una qualche "visione" fotografica.
Altrimenti, nella più frequente delle situazioni, sono già davanti alla porta del bar più vicino, impazienti di gustare un caffè o un gelato.
Pazienza, non tutti hanno l'esigenza di appagare principalmente il senso della vista (e della meraviglia).
C'è chi si "accontenta" di appagare soprattutto la gola!
Buoni pensieri rapidi a tutti!
Fabrizio.
Stiamo camminando da qualche parte, per le strade di una città turistica piena di monumenti, in riva al mare o su un sentiero di montagna mentre si appresta l'ora del tramonto, siamo davanti alla Tour Eiffel, oppure siamo in un parco e ci sono dei bambini che giocano sulle altalene, e all'improvviso scatta una molla dentro di noi, ci fermiamo, prendiamo la macchina fotografica o il cellulare, e scattiamo una foto.
Esiste una forza inspiegabile, come l'inerzia che muove in avanti gli oggetti dentro un'automobile durante una brusca frenata, un forza gravitazionale cosmica che ci spinge in maniera quasi automatica ad estrarre la fotocamera dalla borsa e scattare quello che abbiamo davanti.
Ci facciamo trascinare dall'entusiasmo che genera in noi la vista di un soggetto "interessante"!
Vogliamo immortalare quella bellissima visione che abbiamo davanti, perché è bella intrinsecamente, e perché vorremmo in futuro condividere quella bella immagine con le persone che conosciamo, amici e parenti, condividere con loro le sensazioni che abbiamo provato in quel momento.
Poi però, nel momento in cui condividiamo quelle immagini con le persone a noi care, in maniera istantanea mediante i potenti mezzi che internet e i social network ci mettono a disposizione, o anche nel modo più tradizionale tipo foto delle vacanze stampate e raccolte in un album, non riscuotiamo i consensi che ci aspettavamo. Le persone che vedono le nostre foto non provano le stesse sensazioni che avevamo provato noi al momento dello scatto. Per di più, cosa ancora più inspiegabile, noi stessi riguardando quelle immagini non riproviamo più le stesse emozioni.
Perché?
Cosa è successo?
Non è forse la stessa immagine che abbiamo visto dal vivo?
Risposta: ovviamente NO!
Non ho intenzione di impelagarmi alla ricerca di spiegazioni del perché le foto delle vacanze, dei monumenti, dei tramonti e dei bambini che giocano, hanno il perverso potere di perdere il loro potere (emozionale) nel passaggio dall'istante dello scatto a quello della visione posticipata - nei confronti di altri o di noi stessi. Spiegazioni a questo fenomeno paranormale sono già state abbondantemente dispensate in manuali e libri di fotografia, o anche in svariati forum facilmente rintracciabili su internet. Chi vuole approfondire l'argomento, non ha che da fare qualche ricerca.
Invece voglio ritornare a quella forza d'inerzia che ci ha spinto a sfoderare la macchina fotografica davanti ad un tramonto e a fare "shot" sull'immagine.
In quell'istante, abbiamo davvero pensato a qualcosa, o ci siamo semplicemente abbandonati alla spinta gravitazionale di un oggetto lasciato cadere dalla torre di Pisa? Abbiamo visto qualcosa di interessante mentre camminavamo, abbiamo frenato bruscamente, e la fotocamera ha fatto un balzo improvviso, volando quasi istantaneamente dal sedile posteriore sul parabrezza davanti.
Noi l'abbiamo raccolta e abbiamo scattato.
Fine.
Niente pensieri, solo la sensazione di essere davanti a qualcosa di interessante (qualche volta di unico, ma raramente!), magari una sensazione di stupore, e poi la reazione incondizionata di frenare e scattare.
Con questo non voglio dire che quando scattiamo una foto non pensiamo a niente: qualcuno potrebbe anche offendersi o sentirsi insultato.
Voglio solo dire che dobbiamo senz'altro agire guidati dall'istinto e dall'entusiasmo, ma dovremmo anche pensare un po' di più prima di premere il pulsante dell'otturatore.
Si ma, cosa pensare?
Non lo so, e se lo sapessi non ve lo direi!
O meglio, lo so ma non ve lo dico.
O piuttosto sarebbe meglio dire che forse credo di saperlo.
Di sicuro so che ciascuno dovrebbe fare i propri pensieri, e il primo di questi potrebbe essere: "scatto una foto d'istinto, poi mi fermo un attimo, guardo la scena che ho davanti, la osservo con più attenzione e vedo se posso scattarne di altre".
Vi auguro di formulare dei pensieri belli e positivi (magari anche artistici!), lo auguro anche a me stesso.
Solo vi avverto di una cosa: bisogna allenarsi a pensare in maniera molto rapida, perché a meno che non siate dei geni o dei professionisti della fotografia, oppure non vi troviate a girovagare totalmente da soli in compagnia unicamente della vostra fotocamera, il più delle volte c'è sempre un fidanzato/fidanzata, moglie/marito, amico/amica/amici, genitori e parenti vari e assortiti, figli vostri o dei vostri amici, insomma c'è sempre qualcuno che reclama ad alta voce che vi diate una mossa e che bisogna andare.
Perché il più delle volte le persone con cui vi trovate ad andare in giro, è già tanto se percepiscono la vostra stessa folgorazione davanti ad una qualche "visione" fotografica.
Altrimenti, nella più frequente delle situazioni, sono già davanti alla porta del bar più vicino, impazienti di gustare un caffè o un gelato.
Pazienza, non tutti hanno l'esigenza di appagare principalmente il senso della vista (e della meraviglia).
C'è chi si "accontenta" di appagare soprattutto la gola!
Buoni pensieri rapidi a tutti!
Fabrizio.